Un abbraccio e tanto affetto al nostro Don Domenico che guiderà un’altra parrocchia in città.
Con pazienza e dedizione ha cresciuto la comunità della Cava, come un padre cresce un figlio adolescente difficile.
Perchè la Cava è così: vive ancora su di sè la sindrome di quel “figlio illegittimo” di cui scrisse Don Mario 50 più di anni fa, ha bisogno di affetto e autorevolezza.
Dondo, ti vogliamo bene!

Quartiere Cava

 

Che cosa renderò al Signore per tutto quello che mi ha dato nei 43 anni di permanenza alla Cava come guida spirituale della comunità parrocchiale?

A questa domanda rispondo che il sentimento prevalente è la gratitudine a Gesù Buon Pastore e a tutti coloro che hanno sostenuto la mia vocazione. Il motivo della gratitudine consiste nel vedermi ora profondamente cambiato da quando sua Ecc.za Mons. Giovanni Proni, il 1 ottobre 1971, mi nominò parroco della Cava.

Giovane prete, timido e impacciato di 33 anni, inesperto per l’esiguo bagaglio pastorale di cui ero dotato: la breve esperienza di un anno come cappellano a Villanova nel 1968 e di circa due anni e mezzo come parroco di San Tomè, dal marzo 1969 al 1971, venivo trasferito ad una parrocchia di periferia con problemi del tutto diversi ed assai impegnativi. Dovevo sostituire don Mario Ricca Rosellini che partiva missionario come sacerdote fidei donum, per la repubblica Democratica del Congo, sollecitato a questo passo anche da padre Arrigoni, saveriano.

Don Mario aveva poveri materiali, ma ricco di fede e della bontà di Dio aveva profuso a piene mani entusiasmo, gioia, amore nel costruire quasi dal nulla sia la parrocchia della Cava, collaborando anche a rendere più umano e vivibile questo quartiere, sia la missione di Kasika da lui fondata e dove è sepolto dal 1978. Ma c’era ancora tanto da fare anche per me. Le strutture della parrocchia, canonica, opere parrocchiali, chiesa – per lo più allo stato grezzo erano da completare. C’era poi da impostare il lavoro spirituale e comunitario della parrocchia, impresa assai difficile dopo il passaggio della rivoluzione culturale del 1968. Questa era iniziata da una giusta lotta di esigenza di felicità a cui aspira ogni uomo contro il formalismo e le chiusure della società del tempo.

Ben presto divenne come clava che si abbatté sui tradizionali modi di vive­re e di pensare della gente riguardo la persona, la famiglia, le tradizioni, la scuola, lo Stato, la Chiesa, Dio stesso … insomma si rivolse contro tutto ciò che aveva a che fare con l’idea di “autorità” portando molto sconquasso.

Tale nuova mentalità, tra le cui asserzioni vi era anche la “fantasia al potere”, ebbe un notevole influsso nella società italiana di allora preparare di lì a pochi anni il terreno all’introduzione dapprima della legge del divorzio poi della legge dell’aborto.

Il fenomeno riguardò anche la Chiesa Cattolica Italiana dal cui insegnamento, in particolare circa la morale sessuale, tanti battezzati si affrancarono. Molto di più degli uomini furono le donne, un tempo alleate dei preti nell’annuncio della fede, ad abbandonare la Chiesa, e questo anche perché non si sentivano valorizzate negli aspetti decisionali della comunità. Era desolante vedere le Associazioni cattoliche giovanili, un tempo vive e numerose, subire un drastico ridimensionamento, i seminari chiusi, preti, religiosi e suore abbandonare la loro vocazione.

La parrocchia della Cava non rimase indenne da tale rivoluzione. Don Mario nel 1969 aveva chiuso il Club House perché numerosi ragazzi che in esso tenevano i loro incontri avevano preso un indirizzo più politico che ecclesiale e conforme alle finalità della parrocchia.

Confesso che all’inizio del mio ministero pastorale alla Cava, l’entusiasmo degli anni giovanili venne messo a dura prova dalla solitudine in cui mi trovai di fronte a difficoltà più grandi di me. Tuttavia pure impaurito e indeciso sul da farsi a motivo del clima culturale, che si respirava e pre­sentava la Chiesa come un relitto del passato o come luogo di potere in cui la fede non aveva nulla da dire all’uomo moderno, ciò che mi salvò e diede certezza alla mia vita e forza alla mia vocazione di prete fu l’incontro con Don Francesco Ricci.

Di fronte al pericolo di bloccarmi per la paura della mia inadeguatez­a o d’altro canto di fronte alla delusione per non ottenere risultati pastorali immediati e lasciarsi andare alla mediocrità, egli mi indicò la bella via di lasciarmi guidare sempre dalla domanda che un giorno Gesù pose agli Apostoli: “Voi chi dite che io sia?”.

Il lavoro su di me perché Gesù diventasse la verità della mia vita ha ottenuto, nel tempo, il dono prezioso di acquisire quella maturità di giudizio, da riconquistare ogni giorno, per cui la mia azione a poco a poco è stata accompagnata dalla misericordia. Fra le cose che mi pesano di più e di cui chiedo sinceramente perdono al prossimo è proprio questa: l’essere stato insensibile, a volte, ai problemi delle persone o averle trattate con rigidità, appellandomi a freddi principi da osservare. L’usare tanta misericordia non deve poi fare dimenticare di cadere nell’eccesso opposto cioè il per­missivismo.

Ho esperimentato che non s’impara a fare il prete una volta per tutte, ma è un cammino continuo di crescita, di nuove scoperte, di nuovi traguardi, di nuove gioie e bellezze nella misura in cui si segue Gesù e la Chiesa, realtà vivente nella storia. Non finirò poi mai di ringraziare il Signore per l’altro grande dono ricevuto di essere pastore di una chiesa, che è il Corpo del Signore. Non mi sono mai sentito padrone della fede dei miei parrocchiani, ma piuttosto collaboratore della loro gioia. Così ho cercato di valorizzare idee, proposte, esperienza di quei parrocchiani in cui mi accorgevo vibrasse più intensamente la presenza dello Spirito e fossero fonte di unità all’interno della Comunità e ca­paci di creare ponti di condivisione e solidarietà, di dialogo con tutti. Devo notare in proposito i cordiali rapporti tenuti tra la parrocchia e le altre realtà del quartiere. Particolare accoglienza e fiducia, quando venni parroco alla Cava, diedi ad un gruppo di ragazzi e ragazze delle scuole medie superiori che facevano riferimento a Gioventù Studentesca.

Il Signore ha benedetto più dell’immaginabile tale scelta educativa, che è stata un bene per tutta la Chiesa. Essa divenne nel tempo vivaio non solo di responsabili di spicco del movimento di Comunione e Liberazione, ma anche di tanti responsabili parrocchiali, di numerose famiglie cristiane, di vocazioni sacerdotali e religiose. Così quando venne il tempo favorevole e maturo per la nascita di Fraternità Anziani e la rinascita dell’Azione Cattolica in parrocchia, ben volentieri ho dato il mio assenso e la mia accoglienza.

Le modalità diverse di esprimere e vivere l’unica Chiesa di Gesù erano segno di una parrocchia in movimento, indicavano il dilatarsi dell’esperienza cristiana.

Tutto ciò comportò anche l’esigenza che ciascuna realtà ecclesiale presente, per non chiudersi in sterili rivendicazioni e gelosie, facesse crescere di molto il livello della propria fede per essere disponibile ad un reciproco atteggiamento di stima, di collaborazione, di giusta emulazione nel bene. Il fulcro dell’unità è stata senz’altro l’amore all’Eucaristia, alla messa domenicale partecipata assieme.

Convinto che la catechesi degli adulti sia la linea vincente di una comunità capace di affrontare vittoriosamente le sfide del mondo attuale, essendo matura e motivata, ho dato risalto a tre catechesi:

1) Azione Cattolica

2) Scuola di Comunità (Comunione e Liberazione)

3) Fraternità Anziani di cui io ero responsabile.

S’intende che queste tre esperienze di catechesi non sostituiscono le catechesi parrocchiali ordinarie e straordinarie, ma ne sono per così dire l’anima. Così oltre ad essere coinvolto nella vita della comunità ne sono diventato anche figlio.

Ringrazio il Signore perché anche in me avvenne una progressiva dilatazione e crescita della coscienza con cui vivevo l’esperienza di fede condividendola con tanti amici. È arrivato a questo punto il momento delle opere, preziose nella misura in cui sono espressione del Mistero di Dio che si fa presente nella storia. Riandando alla cara e amica memoria di don Mario, scopro ora più che mai di averne seguito le tracce portando a compimento alcuni suoi propositi. Per onorare il suo nome e coltivarne la memoria per vario tempo operò, con merito e frutto, l’Associazione culturale don Mario Ricca Rosellini.

Quando don Mario partì per l’Africa trasmise, attraverso la sua testimonianza, in tutta la comunità un amore più grande per i fratelli più bisognosi e diseredati del mondo. Nello stesso tempo la sua vita, in particolare dopo la morte, fu come lievito che piano piano trasformò tutta la parrocchia, fra l’altro richiamò tanti giovani alla vita della Chiesa.

Ho sempre apprezzato il gruppo missionario perché tiene viva la coscienza che l’unico modo giusto per approfondire la propria fede è quello di donarla uscendo da se stessi, dai propri problemi, dai propri recinti. Attraverso il mercatino poi estende la sua presenza in varie parti del mondo aiutando varie missioni tra cui la Missione di Kasika, fondata da don Mario.

Preziosa pure è stata l’opera di Fraternità Anziani per lo sviluppo dell’amore fraterno in parrocchia, avendo un’attenzione e cura particolare per le persone della terza età e per i bisognosi. Parte di essa è il Centro di ascolto San Giuseppe, che serve dapprima per discernere chi ha veramente bisogno del pacco alimentare. È il luogo in cui nascono anche delle belle amicizie. Dalla presenza di Fraternità Anziani nel quartiere è nata una cooperativa sociale che ha dato origine al Centro Diurno. Oggi questa esperienza con gli anziani continua grazie alla Cooperativa Domus e ha preso il nome di Casa Sant’Anna.

Un altro vivo desiderio di don Mario era quello di avere un asilo parrocchiale per i bambini. Ho realizzato il suo sogno mettendo a disposizione della Scuola dell’Infanzia “La Nave” della cooperativa Tonino Setola, i locali che lui aveva costruito a questo scopo. Considero quest’opera di alto valore educativo in tutti i sensi, in particolare la vedo come aiuto e prolungamento della catechesi parrocchiale per le famiglie e per i bambini di età dai due ai sei anni.

Ho favorito poi l’apertura della parrocchia all’accoglienza umile e pronta delle direttive del Papa e dei Vescovi avuti. In particolare questa apertura si è manifestata nei confronti dell’Unità pastorale che ultimamente con l’arrivo di don Davide Brighi, come parroco di Castiglione, Villagrappa e Villanova, ha avuto un incremento notevole.

Infine ho continuato il solco aperto da don Mario, nell’approfondire la sentita venerazione che i parrocchiani della Cava hanno verso la loro patrona, Santa Maria Ausiliatrice (il titolo mariano scelto da San Giovanni Bosco) e verso San Giuseppe, suo purissimo sposo, e altri santi che sono entrati a far parte della vita della parrocchia come sant’Antonio Abate, Sant’Antonio di Padova, Santa Rita, Santi Gioacchino ed Anna, San Guido Maria Conforti, ecc.

Ora che monsignor Vescovo mi chiama ad altro compito è intuibile che stia provando una certa emozione nel lasciarci dopo 43 anni di permanenza in mezzo a voi.

Nello stesso tempo sono sereno perché penso che nell’obbedienza questo forse alla fine sarà di vantaggio spirituale per tutti: per me perché mi fi­do di quello che Gesù mi chiede e per voi, cari parrocchiani della Cava, perché avete davanti un bel cammino di rinnovamento, di crescita e di tanta pace e gioia.

Ora non guardiamo più al passato, se non per prendere il largo più decisamente con Gesù.

In Cristo un caloroso e sincero abbraccio a tutti,

Don Domenico

Forlì, 22 luglio 2014 Festa di Santa Maria Maddalena (anniversario dell’adorazione perpetua)

 

La comunità parrocchiale della Cava saluterà il caro parroco don Domenico durante la settimana della festa parrocchiale

 

Forlì 07 settembre 2014

Sono stato colto di sorpresa quando Monsignor Vescovo mi ha proposto di lasciare la Parrocchia della Cava per il nuovo incarico di Cappellano dell’ospedale Morgagni Pierantoni. Pur non lamentandomi della salute e desiderando rimanere attivo il più possibile da subito non ho pensato di avre 76 anni, di essere nella fase calante delle energie psichiche e fisiche, di dover affrontare il mondo della salute per tanti aspetti ame sconosciuto. Ho detto un “sì” pronto senza pensarci su due volte perchè ho percepito che nella indicazione di Monsignor Vescovo in fondo c’era la chiamata di Gesù. A Lui non si può dire di no. Ma ora confesso candidamente che a volte mi prende la paura di non essere adatto e di non farcela. Ecco allora che la prima cosa che chiedo a chi incontrerò: ammalati in particolare, loro familiari, infermieri, dottori e tutto il personale che a vario titolo lavora in ospedale, non è solo la simpatia umana, che mi auguro sarà reciproca, ma anche il grande dono della preghiera.

In secondo luogo mi accorgo che ho bisogno di imparare tante cose che non so, per questo mentre mi affido totalmente alla compagnia di Gesù e della Madonna, ho bisogno della compagnia di persone che mi stiano accanto per un cammino di crescita. In proposito ringrazio Monsignor Vescovo, gli amici sacerdoti dello Studium Cristi, i membri della Cappellania ospedaliera, i buoni parrocchiani della Cava e tutte le persone che mi hanno mostrato tanto affetto.

Da parte mia infine, assicuro che cercherò con tutto me stesso di parlare più che con la testa e i discorsi con le ragioni del cuore, cioè le ragioni dell’amore, dell’affetto fraterno, della simpatia, della collaborazione, della fiducia.

Penso che come Cappellano non mi si chiedano tanto le spiegazioni sul perchè della sofferenza ma mi si chieda da parte di tutti, in particolare degli ammalati di saper annunciare loro la bellezza della vita di Gesù, che è passato e che passa ora beneficando tutti e sanando le ferite del corpo e dello spirito.

 

Preghiera per il Sacerdote.

Signore,

Ti ringraziamo di averci dato un uomo,

non un Angelo come Pastore delle nostre anime.

Illuminalo con la Tua luce,

assistilo con la Tua grazia,

sostienilo con la Tua forza.

Fa’ che l’insuccesso non lo avvilisca

e il successo non lo renda superbo.

Rendici docili alla sua voce.

Fa’ che sia per noi un amico,

maestro, medico, padre.

Dagli idee chiare, concrete, possibili;

a lui la forza di attuarle, a noi la generosità

nella collaborazione.

Fa’ che ci guidi con l’amore, con l’esempio,

con la parola, con le opere.

Fa’ che in lui vediamo

stimiamo e amiamo Te.

Che non si perda nessuna delle anime

che gli hai affidato.

Salvaci insieme con lui a capo della processione

dei suoi fedeli verso il cielo.

Amen.

(Papa Francesco giugno 2013)

TRASFERIMENTO DON DOMENICO

Post navigation